Nicola Di Cesare (1950)

Nicola Di Cesare, nato il 18 febbraio 1950 a Pizzoferrato (Chieti), negli anni Settanta si trasferì a Grosio, un paesino in provincia di Sondrio, dove aveva incontrato la futura moglie: Lucia Domenica Pruneri, detta Minetta, lavorava in un negozio di macelleria in paese e si conobbero durante l’estate, quando Di Cesare era impiegato stagionalmente presso la villa della marchesa Margherita Visconti Venosta.

Acquistata una casa ai piedi delle Alpi Retiche, fu il desiderio di sistemare il giardino che lo spinse a intraprendere un’avventura non ancora terminata: iniziò realizzando su un muretto – che oggi accoglie il visitatore – una sorta di mosaico composto da pezzetti di pietre colorate poste a formare motivi decorativi geometrici e floreali, accompagnati dalla sua firma e dall’anno d’inizio, il 1981.

A lato del muretto, una scaletta conduce verso la montagna e subito il tragitto si snoda in due percorsi diversi: uno posto all’estrema destra, l’altro all’estrema sinistra, ma a un certo punto si ricongiungono portando verso la cima. Questo percorso, dal basso verso l’alto, permette di seguire l’evoluzione del lavoro di Nicola nel corso degli anni: continue sono le date, incise o mosaicate, che consentono di collocare cronologicamente ciò che si vede.

Percorrendo il cammino cui conduce la salita di estrema destra si incontra una delle parti ancora da terminare, in cui predominano il ricordo del suocero – su un muretto mosaicato spicca una sua fotografia – e quello di una certa Diana – nome ricorrente insieme alla data del 3 agosto 2002. Proseguendo si arriva su un terrazzamento con una vecchia stufa incastonata nella parete rocciosa e panchine per la sosta: questo è il punto d’incontro con chi – ai piedi della montagna – imbocca la salita di sinistra. Entrambi i percorsi, fino a questo punto, sono scanditi da date riconducenti agli anni Ottanta, ma arrivando da sinistra si incontra anche una terrazza coperta, una sorta di porticato abilmente scavato nella roccia e caratterizzato da archi a tutto sesto su cui sono incise scritte di difficile lettura.

Curiosa è l’incisione che si incontra a metà cammino: «Inizio 1981/ passatempo»; cui si contrappone un’altra scritta mosaicata, posta poco prima di giungere sulla cima: «Grazie è un capolavoro». È come se Di Cesare, proseguendo con i lavori e ricevendo apprezzamenti da parte di molti, avesse preso consapevolezza di sé, nonostante continui a definire i suoi disegni soltanto “quattro scarabocchi”.

Sempre poco prima della vetta, si leggono anche due motti indicativi del suo approccio alla vita: «Non contano le scarpe, ma le impronte che lasci»; «Se fai del bene dimentica, se fai del male pensaci».

Ogni frase rimanda alla sua vita quotidiana: la propria data di nascita con la frase «sto invecchiando» e, a lato, la data di nascita della moglie; un benvenuto a Don Ilario; un omaggio a Maria Maddalena; nomi di parenti, amici e conoscenti. Anche gli oggetti sono d’uso quotidiano: tazze, piattini, souvenir di vario tipo, telefoni, scarpe, coppe, damigiane, immagini e statuette religiose… Usa dei tubi di plastica – in alcuni punti ancora visibili – per costruire gli archetti della recinzione di delimitazione e molti oggetti sono stati talmente ricoperti da pietre che si fatica a riconoscerli.

Giunti sulla cima si calpesta un ultimo gradino che – numerato N. 205, contrassegnato dalla frase «questo cercavo» e dalla data del 31 luglio 2017 – conduce a una delle terrazze più grandi, ospitante una sorta di cappella dedicata alla Prima guerra mondiale.

In origine quella parte della montagna era una postazione di vedetta: sull’architrave della “cappella” corre la parola «benvenuti», mentre ai lati del varco d’ingresso si leggono due coppie di date: la prima coppia ricorda proprio il primo conflitto mondiale, 1915-1918, ed è accompagnata dalla parola «polveriera» presente su uno degli stipiti laterali; la seconda coppia, invece, si configura come la data d’inizio e di fine del suo lavoro, 1981-2017. Queste date ritornano incise anche su una lastra posta capovolta oltre la recinzione: «Partenza 1981/ arrivo 2017».

L’impressione è che Di Cesare avesse deciso di terminare la sua opera nel 2017, continuando in realtà ad aggiungere altre parti, poiché s’incontrano delle date successive: 2018, 2020. Quest’ultimo è il riferimento cronologico più recente, ma egli afferma che di lavoro da fare ce n’è per altri quarant’anni e non intende fermarsi.

Ormai il sito di Nicola è noto tra il grande pubblico: c’è un continuo via vai di persone che ammirano a bocca aperta la sua opera e si fermano a scambiare quattro chiacchiere con lui, sempre pronto a intrattenerle con aneddoti vari. Gli piace raccontare che il suo «andare in giardino a lavorare» è un modo per salvare il matrimonio: tra consorti bisogna andare d’accordo, se il marito esce di casa e alla sera è stanco non stressa la moglie. Questo l’insegnamento che più ama ripetere.

Il successo del suo giardino ha destato in paese non poche polemiche: se l’attenzione delle persone non arreca nessun disturbo alla famiglia Di Cesare, ha infastidito però dei detrattori che vorrebbero regolarizzare le visite parlando di misure di sicurezza. Tuttavia, Di Cesare prosegue per la sua strada, consapevole di avere anche molti sostenitori, come si legge in un testo appeso all’ingresso, datato all’agosto 2023, con cui un certo Aldo Ducci ha manifestato piena solidarietà al nostro costruttore.

Ho incontrato Nicola Di Cesare e il suo giardino due volte: l’1 luglio 2023 – insieme a Costruttori di Babele – e l’1 maggio 2024.

Nicola Di Cesare, nacido el 18 de febrero de 1950 en Pizzoferrato (Chieti), en los años Setenta se trasladó a Grosio, un pequeño pueblo de la provincia de Sondrio, donde conoció a su futura esposa: Lucia Domenica Pruneri, llamada Minetta, trabajaba en una carnicería en el pueblo y se conocieron durante el verano, cuando Nicola era trabajador de temporada en la villa de la marquesa Margherita Visconti Venosta.

Después de comprar una casa a los pies de los Alpes Réticos, el deseo de arreglar el jardín lo llevó a embarcarse en una aventura que aún no había terminado: comenzó a realizar en una pared – que hoy da la bienvenida al visitante – una especie de mosaico compuesto por trozos de piedras coloreadas colocados para formar motivos decorativos geométricos y florales, acompañados por su firma y el año de inicio, 1981.

Al lado de esa pared, una escalera conduce a la montaña y el trayecto se desarrolla en dos caminos diferentes: uno en el extremo derecho, el otro en el extremo izquierdo, que casi en la mitad del paseo se reúnen y conducen a la cima. Este recorrido, de abajo hacia arriba, permite seguir la evolución del trabajo de Nicola a lo largo de los años: muchas son las fechas, grabadas o mosaicadas, que permiten colocar cronológicamente lo que se ve.

Siguiendo el camino a la extrema derecha se encuentra una de las partes aún por terminar, donde predomina el recuerdo de su suegro – en una pared decorada destaca una fotografía suya – y el de una cierta Diana – nombre frecuente junto a la fecha del 3 de agosto de 2002. Continuando se llega a una terraza con una vieja estufa incrustada en la pared rocosa y bancos para la parada: este es el punto de encuentro con quien – al pie de la montaña – toma la subida de la izquierda. Ambos caminos, hasta este punto, están marcados por fechas que se remontan a los años Ochenta, pero al llegar desde la izquierda también hay una terraza cubierta, una especie de pórtico hábilmente excavado en la roca y caracterizado por arcos de medio punto grabados con inscripciones de difícil lectura.

Curiosa es la inscripción que se encuentra a mitad de camino: «Inicio 1981/ pasatiempo»; a la que se contrapone otra inscripción mosaicada, colocada poco antes de llegar a la cima: «Gracias es una obra maestra». Es como si Di Cesare, continuando con los trabajos y recibiendo el aprecio de muchos, hubiera tomado conciencia de sí mismo, a pesar de que sigue definiendo sus dibujos solo «cuatro garabatos».

Siempre poco antes de la cumbre, se leen también dos lemas indicativos de su acercamiento a la vida: «No cuentan los zapatos, sino las huellas que dejas»; «Si haces el bien olvida, si haces el mal piénsalo».

Cada frase remite a su vida cotidiana: la propia fecha de nacimiento con la frase «estoy envejeciendo» y, al lado, la fecha de nacimiento de su mujer; una bienvenida a Don Ilario; un homenaje a María Magdalena; nombres de familiares, amigos y conocidos. También los objetos son de uso cotidiano: tazas, platillos, souvenir, teléfonos, zapatos, copas, damisela, imágenes y estatuillas religiosas… Usa tubos de plástico – en algunos lugares aún visibles – para construir los arcos de la valla de delimitación y muchos objetos han sido tan cubiertos con piedras que apenas se puede reconocerlos.

Llegados a la cima se pisa el último peldaño que – numerado N. 205, marcado por la frase «esto buscaba» y la fecha del 31 de julio de 2017 – conduce a una de las terrazas más grandes, donde hay una especie de capilla dedicada a la Primera Guerra Mundial.

Originalmente, esa parte de la montaña era un puesto de vigilancia: en el dintel de la «capilla» está la palabra «bienvenidos», mientras que a los lados de la puerta de entrada se leen dos pares de fechas: la primera pareja recuerda el primer conflicto mundial, 1915-1918, acompañada de la palabra «polvorín» presente en una de las jambas laterales; la segunda pareja, en cambio, se configura como la fecha de inicio y fin de su trabajo, 1981-2017. Estas fechas están también grabadas en una losa colocada boca arriba más allá de la valla: «Salida 1981/ llegada 2017».

La impresión es que Di Cesare había decidido terminar su obra en 2017, continuando en realidad a añadir otras partes, ya que se encuentran fechas posteriores: 2018, 2020. Esta última es la referencia cronológica más reciente, pero el artista afirma que hay trabajo que hacer por otros cuarenta años y no quiere pararse.

El sitio de Nicola es conocido entre el gran público: hay un continuo ir y venir de personas que admiran con la boca abierta su obra y se detienen a charlar con él, siempre dispuesto a entretenerlos con anécdotas diversas. Le gusta contar que su «ir al jardín a trabajar» es una manera de salvar su matrimonio: entre cónyuges hay que llevarse bien, si el marido sale de casa y por la noche está cansado no estresa a su mujer. Esta es la enseñanza que más le gusta repetir.

El éxito de su jardín ha suscitado en el pueblo no pocas polémicas: si la atención de las personas no causa ninguna molestia a la familia Di Cesare, ha molestado sin embargo a los detractores que quieren regularizar las visitas hablando de medidas de seguridad. Sin embargo, Di Cesare continúa su camino, consciente de que también tiene muchos partidarios, como se lee en un texto colgado en la entrada con el que un tal Aldo Ducci, en agosto de 2023, manifestó su plena solidaridad con nuestro constructor.

Fui a ver a Nicola Di Cesare y su jardín dos veces: el 1 de julio de 2023 – junto a Constructores de Babel – y el 1 de mayo de 2024.

Per la scheda scientifica

si rimanda a

Costruttori di Babele

Para la ficha técnica

consulte

Constructores de Babel